Napoli, 15 luglio 2014 – Le indagini procedono con la stessa velocità di crolli e cedimenti. Mentre si prova a far chiarezza, sotto il profilo delle responsabilità, sulla caduta di quel pezzo di cornicione dalla Galleria Umberto, che ha travolto e ucciso un ragazzo di 14 anni, si fa la conta dei calcinacci che vengono giù. L’ultimo pezzo, non da poco, si è staccato dalla stessa porzione killer, lato piazzetta Augusteo, e mentre gli operai erano al lavoro per la messa in sicurezza. Un angolo che, tra l’altro, era già stato spicconato. E non è l’unico: altri crolli si sono registrati nel fine settimana e domenica, quando i lavori si sono fermati per una ingiustificata pausa. Nel frattempo, si procede con l’inchiesta, ferma a 45 persone iscritte nel registro degli indagati. Che annovera l’esercito dei 39 proprietari più l’amministratore dello stabile al 7 di piazzetta Matilde Serao. Tra i condomini, si annoverano manager e giudici, professionisti, commercianti e anche nobili discendenti dalle più antiche famiglie napoletane. Tutti accusati, al momento, della mancata messa in sicurezza del monumento, nello stato di abbandono che di fatto, ha prodotto il crollo sotto il quale è rimasta schiacciata per sempre la vita di Salvatore Giordano. A questi si aggiungano i 4 dirigenti del Comune: Giuseppe Pulli, Giancarlo Ferulano, Maria Aprea, Giovanni Spagnuolo, che saranno tra i primi ad essere interrogati. Al momento, provano a scalzarsi da dosso le responsabilità proprio gli inquilini. Anche perché, è il ragionamento affidato all’amministratore, sostengono di aver sempre svolto le ristrutturazioni, “si vede a occhio nudo – dicono – come la nostra facciata sia ben tenuta. Ed è paradossale che quando nel 2009 l’ordinanza sindacale disponeva i lavori da fare non erano indicati né fregi centrali, né frontone superiore, e che solo ora, dopo un’atroce vicenda che è costata la vita di un ragazzo, si pensi che siamo noi a dovercene occupare”. Insomma, a dieci giorni dalla morte di Salvatore e nel giorno del suo funerale, tutto ruota ancora attorno ad uno scaricabarile di responsabilità.
(giupor)
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